IL TRATTATO DI SCHENGEN ALLA LUCE DEGLI ULTIMI ACCADIMENTI

Le norme imposte dal trattato di Schengen sono ancora attuali o dovrebbero essere riviste?

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Dalla rivoluzione industriale in poi gli Stati hanno dato sempre crescente importanza alle infrastrutture per i trasporti, non solo al loro interno, ma anche tra stati diversi.

Il progresso della tecnica e della tecnologia produttiva e l’avvento della produzione di massa, il cui simbolo è rappresentato dalla ormai storica Ford Tin Lizzie, o meglio conosciuta come modello T, ha portato alla costruzione di strade e autostrade in grado di svolgere sempre più ingenti flussi di traffico.Le automobili hanno dato nuova autonomia e libertà alle persone, permettendo loro di colmare distanze corpose in tempi minimi, e un nuovo volto al commercio. È proprio qui che iniziano i problemi: più mobilità ha voluto significare maggiore scambio e quest’ultimo maggiore redditività. Ogni Stato ha, sempre più, cercato di valorizzare la sua produzione nei confronti degli Stati limitrofi per poterla esportare più facilmente . Questo scambio continuo e frenetico ha dato vita, in beve tempo, a quella che è la bilancia commerciale ovvero la differenza tra esportazioni e importazioni che è a sua volta legata in modo indissolubile ad altri concetti sempre più complicati basati sui calcoli del valore delle diverse monete, il cui apprezzamento o deprezzamento ha finito per essere il discriminante del risultato positivo o negativo della bilancia stessa.

Si è arrivati ben presto all’attuale assetto societario basato sul timing di una produzione sempre più curata e calcolata sui bisogni del pubblico per evitare avanzi di prodotti invenduti.Ma l’attuale società è frutto di una più efficace comunicazione, di più accordi internazionali, di maggiore simmetria informativa al fine di migliorare non solo l’efficienza della singola azienda ma anche gli scambi internazionali.

Tra gli accordi più rilevanti per la circolazione di merci e persone, trova posto d’onore quello introdotto nel 1995, conosciuto anche come trattato di Schengen.
Nato per abbattere le frontiere dei vari stati, al fine di promuovere una più efficace rete di scambi, è attualmente oggetto di continue attenzioni.
Purtroppo i processi di globalizzazione e di maggiore integrazione monetaria ed economica, hanno portato a spiccate differenze tra stato e stato, amplificando la forbice tra ricchi e poveri, tra industrializzazione e la mancanza di essa, tra commercio e perciò cultura ed uno stato di estrema povertà dove gli scambi vengono regolati dall’antico antenato della moneta: il baratto.

I maggiori flussi migratori, figli del nostro tempo, hanno portato molti stati ad usare il trattato come ricatto allo scopo di dissuadere altri Stati favorevoli o di posizione più accomodante nei confronti dei migranti.
Allo spazio di Schengen hanno aderito 26 paesi di cui 22 membri dell’Unione Europea. Le innovazioni introdotte sono molteplici: l’istituzione di una zona di libera circolazione in cui tutte le frontiere interne sono state abbattute incrementando, di converso, quelle esterne; un nuovo sistema di polizia trans statale eretto al fine di combattere in maniera più efficace il terrorismo e i traffici illeciti ed, infine,  un sistema di estradizione più rapido.
Alla luce degli ultimi accadimenti: attentati terroristici ( Bruxelles e Parigi) in primis e non ultima la decisione, temporanea dell’Austria di chiudere il Brennero per impedire il maggior flusso di migranti, come dovrebbe essere rivisto tale trattato?
Chi ci rimetterebbe nell’ipotesi di una sospensione temporanea o permanente del trattato stesso? Quale prezzo ha questa libertà?
Le risposte a tutte queste domande io non le ho ma qualche considerazione sorge spontanea.
Di sicuro il sistema di polizia trans statale ha fallito il suo compito, prova ne siano le lacrime versate per le vittime di quella logica perversa che ha guidato gli attentati. Il prezzo di questa rinnovata via di commercio, di questa vita connessa e globalizzata, del l’imposizione fatta all’uomo di concepire la sua dignità solo in base alle ore di produttività che può donare alla società, ha sicuramente depauperato la trama di quel tessuto sociale attraverso la quale la persona si trovava parte di un tutto e si realizzava nel tutto pur essendo prigioniera della sua individualità. Si sono rivisti i valori della comunicazione Inter personale sotto un’ ottica utilitaristica come se ogni cosa debba essere sempre e comunque funzionale a qualche cos’altro e fuori da questa tutto perda di valore. La lente sotto la quale la società guarda il mondo è cambiata, si, ma sarebbe erroneo pensare che i valori di un tempo siano morti come se il tempo se li fosse portati via, archiviandoli in un passato di cui adesso sono prigionieri, poiché i valori non muoiono, cambia la visuale e la valutazione degli stessi. Sta a noi il difficile compito di dare un senso a questa nuova libertà .

 

 

 

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