L’ASSISTENZA SPIRITUALE, RECENTE INTESE TRA STATO E CHIESA

Lo stato e le maggiori religioni presenti sul nostro territorio, una contrattazione per la stesura di concordie.

 L’ASSISTENZA SPIRITUALE, RECENTE INTESE TRA STATO E CHIESA 

Già dalla meta del 1970,  si è evoluta,  tra lo Stato e le maggiori religioni presenti sul nostro territorio, una contrattazione per la stesura di concordie, espressamente comprovate sulla aspettativa degli artt. 7, 2º comma, e 8, 3º comma della Costituzione. Anche la sostanza dell’assistenza ecclesiale ai detenuti fu pertanto per la prima volta cosa di una disciplinamento doppio.  Queste trattative hanno nell’insieme richiamato l’argomento dell’assistenza spirituale nell’ambito concordi sta; esse esibiscono alcuni principi di organizzazione con il sistema giuridica statale e rivelano la diversità delle petizioni presentate dai incaricati di ogni religione.

L’originalità  dell’impostazione e dell’indirizzo governativo conseguenza dalla direttiva parziale e pattuita è comprovata dall’ipotesi della prestazione di sostegno religiosa in forma inamovibile solamente per la religione cattolica. Le altre religioni, pur sciogliete dai passati proibizioni stabiliti nella giurisprudenza del 1929 sui “culti consentiti”, hanno ottenuto la possibilità di entrare nelle carceri a istanza degli interessati o su loro iniziativa, ma non un lampante obbligo governativo all’uguaglianza di trattamento riguardo alla religione cattolica.

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Per quello che rimira la confessione cattolica, dopo una prolungata contrattazione e molteplici protuberanze di intesa, il 18 febbraio del 1984 è stato redatto a Villa Madama il ultima intesa Concordatario, trasmesso nella legge di approvazione ed attuazione n. 121 del 25 marzo 1985.  La materia dell’assistenza ecclesiale è educata nei commi dell’art. 11. Il 1º comma stabilisce l’impegno del governo ad salvaguardare  i cattolici l’esercizio della autogestione clericale, ed afferma che: …l’appartenenza alle forze armate, come carabinieri, polizie, o ad altri prestazioni acquisiti, la permanenza in ospedali, cliniche di cura o di sostegno comune, la continuità negli istituti di precauzione e di punizione, non dispongono della facoltà di   impedire nell’esercizio della libertà religiosa e nell’adempimento delle attività di credo religioso ai cattolici.

Tale regola, sembra a primo impatto di la stabilita  in distinti contesti le stesse caparre che l’art. 19 della Costituzione già assicura in conformazione accomunata a benevolenza di tutti i cittadini. Ciò nonostante, ad un analisi più concentrato, sporge che i veri riceventi della regole non sono i municipali cattolici in potenza contrastati nell’esercizio dei loro diritti religiosi, invece le autorità burocratiche garanti dello stato delle ripartizioni segnalati.  Il 2º comma dell’art. 11 si gestisce invece del riparto di esperienze tra gli dispositivi statali e gli strumenti religiosi ed dichiara che l’assistenza spirituale “… è garantita da religiosi chiamati dalle autorità italiane esperti su indicazioni dell’autorità clericale e secondo lo stato legale, l’organico e le regole decise d’intesa fra tali supremazia”. La regola riconferma perciò un primordio di severa bilateralità, sia per la disciplinamento delle prassi di prova e dello stato legale degli collaboratori spirituali sia, in porzione, per la loro designazione.

L’art. 11 ha portato pertanto il sorpasso della Legge 4 marzo 1982 n. 68 sul processo legale ed finanziario dei Ministri di Culto, se non altro per le regole attinenti alla designazione del personale. L’art. 4 della legge non sorge difatti in accordo con l’art. 11 dell’Accordo, non presentando la particolarità  della designazione costituita dall’autorità sociale su nomina dell’autorità religiosa. Il primo articolo presume appunto che per l’incarico ai cappellani, conferito con decreto del Ministro di Grazia e Giustizia, è necessario il parere dell’Ispettore dei ministri di culto cattolico, del esperto sovrintendente distrettuale degli strutture di condanna ed il propedeutico nulla impedisce del regolamento diocesano. Per confermare che tutto inizia non  per la designazione   del Ministro, bensì dell’ordinario diocesano, per quando indispensabile decidere, per mezzo delle un’intesa tra la assemblea vescovile Italiana ed il Ministero di Grazia e Giustizia, che l’incarico giunge al Ministro, su suggerimento dell’Ordinario.

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Le intese firmate con le altre religioni non cattoliche, comprendono distinte ed articolate direttive che abrogano alla ordinamento giuridica parziale statale. Fino a ad adesso sono state firmate  gli accordi con la Tavola valdese, le Chiese avventiste del 7º giorno, le Assemblee di Dio in Italia. Le comunità ebraiche italiane, la chiesa evangelica battista d’Italia e la Chiesa evangelica luterana d’Italia, relativamente  approvate con le leggi dello Stato n. 449 dell’11 agosto 1984, n. 516 e 517 del 22 novembre 1988, n. 101;  le comunità Islamiche in Italia, i Testimoni di Geova, l’Unione Buddhista italiana, attualmente sono allo studio dei suggerimenti di intesa. I valdesi, delegati delle Chiese valdesi e metodiste d’Italia, è la religione che ha agita più delle altre nel discussione sul tema dell’assistenza spirituale e delle relazioni tra Stato e Chiesa.

Lo scopo delle intesi concretizzatosi nel 1984 ha rimossole barriere di cui le Chiese valdesi in risultato della ordinamento giuridica fascista sui culti accettati e il riconoscimento da parte del governo dell’identità della confessione. Il 23 novembre del 76, i Valdesi redassero uno scritto dove sostenevano l’incompatibilità tra della legge del ’75 n. 354. questi dicevano che la legge allenava soggettivamente  senza l’osservanza dell’art. 8, 3º comma della Costituzione l’assistenza religioso ai prigionieri acattolici e eseguiva una infossata disuguaglianza di trattamento religiosa, trasgredendo l’art. 3 e 8, 1º comma della Costituzione, nonché l’art.1 della stessa legge del ’75. Il sostegno ai carcerati in questi accordi, prevede la trasmissione dei nominativi di tutti i ministri di Culto resi idonei dalla loro confessione al Ministero di Grazia e Giustizia concedono ad essi il diritto di visitare gli istituti senza particolare autorizzazione.

Quando un detenuto chiede l’assistenza spirituale della sua religione, la direzione del carcere ha l’obbligo  di avvisare i ministri competenti. In questo accordo manca ogni attinenza ad una mansione rieducativa completata o realizzabile dai ministri di culto e la loro mansioni spesso e scambiata come pratico esercizio religioso. Passa cosi il modello di un mestiere ecclesiale libero e senza compenso, offerto dalle  religioni al carcere, per la concretizzazione del quale la direzione del carcere dipana un funzione di mero legame tra i singoli e le religioni.

Cesare Turco

 

 

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