LE VERE SPADE NELLA ROCCIA

In provincia di Siena la spada di San Galgano che potrebbe aver ispirato la tradizione arturiana. In Francia un'altra spada è identificata con la mitica Durlindana
La spada di San Galgano

La spada di San Galgano

La spada nella roccia” è un celebre lungometraggio di animazione della Disney. Realizzato nel 1963, si riallaccia alle leggende del “Ciclo Bretone” o “Ciclo Arturiano”, legato alle vicende di re Artù. Il giovane Semola, in realtà un Artù adolescente, sarà destinato ad estrarre la spada dalla roccia e diventare re di Britannia sotto la saggia guida del Mago Merlino.
La vicenda è narrata anche in un autentico cult epico del 1981. La spada nella roccia in questa versione è la mitica “Excalibur”, da cui prende il nome la pellicola diretta da John Boorman, il cui possessore ha il diritto di regnare sulla Britannia. Viene conficcata nella roccia da Uther Pendragon poco prima di essere ucciso e secondo il volere di Merlino soltanto il figlio di Uther e di Lady Igraine, appunto il futuro re Artù, possiede il potere di estrarla.

 

In realtà secondo la tradizione letteraria la spada nella roccia ed Excalibur sono due spade distinte. È il poeta francese Robert de Boron nel suo racconto in versi “Merlino” del XIII secolo a far estrarre per la prima volta ad Artù una spada dalla roccia. Secondo la versione di Sir Thomas Malory nel XV secolo (“La morte di Artù”) la spada estratta dalla roccia non è la mitica Excalibur bensì un’altra lama, perché il leggendario re di Britannia aveva perso Excalibur, spezzata nello scontro con re Pellinor.
In tanti conoscono le leggende di Artù e dei cavalieri della tavola rotonda, compresa l’estrazione della spada dalla roccia. In realtà una spada conficcata nella roccia esiste realmente e si trova in Italia. A Chiusdino, in provincia di Siena, c’è una spada in una roccia, oggi conservata nell’abbazia di San Galgano. Secondo la tradizione risale al XII secolo e sarebbe appartenuta ad un cavaliere, Galgano Guidotti di Chiusdino.


La leggenda racconta che nell’anno del Signore 1180 Galgano giunse alle pendici di Montesiepi dove gli apparve in una visione l’Arcangelo Michele sussurrandogli parole di pace. Così Galgano fermò il suo cavallo e ripensò alla sua vita fatta di guerre e sangue. Decise in quel momento che non avrebbe mai più levato la sua spada contro essere umano e la piantò su una roccia che sorgeva su una collina. L’arma è praticamente affondata fino all’elsa, formando una caratteristica forma di croce davanti alla quale Galgano si mise a pregare e da quel momento in poi visse da eremita.
Di Galgano si sa la data della morte, avvenuta nel 1181, ed il successivo processo di canonizzazione. A conti fatti la spada di San Galgano è di un’epoca precedente rispetto al poema di de Boron che potrebbe anche essersi ispirato a questa storia. Secondo un’altra teoria il nome di Galgano potrebbe aver ispirato quello di Sir Gaiwan, italianizzato in Galvano, uno dei più celebri tra i cavalieri della tavola rotonda che compare per la prima volta nel poema “Sir Gaiwan e il cavaliere verde” del XIV secolo.
spada di rocamadour Sebbene ci siano dubbi sulla storicità di San Galgano, la spada nella roccia è un reperto autentico del XII secolo. Lo infatti ha confermato l’indagine metallografica condotta dal professor Luigi Galarschelli dell’Universitò di Pavia nel 2001. Durante il XX secolo inoltre la spada attribuita a San Galgano ha affrontato diverse traversie. Fino al 1924 era infatti possibile estrarla dalla roccia ma onde evitare atti vandalici fu deciso di versare del piombo fuso nella fessura in modo da bloccare la lama. A quanto sembra alcuni fanatici della leggenda di Artù hanno provato nuovamente ad estrarla rischiando di rompere il prezioso reperto cosicché è stata cementata ed oggi è protetta da una cupola in plexiglas.

 

Esiste un’altra spada nella roccia: si trova in Francia, a Rocamadour, ed è conficcata quasi in verticale sulla parete di un santuario. Qui la leggenda trae spunto dal “Ciclo Carolingio”, la spada in questione sarebbe infatti la famosa “Durlindana” di Orlando, una tesi ovviamente attinta a piene mani dall’Ufficio Turistico del piccolo centro francese che si trova nella regione dei Midi-Pirenei. Fu nella regione pirenaica, al passo di Roncisvalle, che il più celebre dei paladini di Carlo Magno venne ucciso in un’imboscata nel 778 d.C. Secondo la tradizione letteraria Orlando, prima di cadere, avrebbe tentato di distruggere la sua spada che si sarebbe rivelata infrangibile. L’avrebbe pertanto nascosta sotto al suo corpo assieme al corno di olifante. Quest’ultimo reperto sarebbe conservato oggi nel museo del Duomo di Praga, nella Repubblica Ceca, anche se un’ulteriore tradizione vuole che il corno sia finito in pezzi.

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