LE MIGLIORI FRASI DELLE CANZONI ROCK ITALIANE

Dagli Area ai Litfiba, passando per i Timoria e gli Afterhours: quando il rock è Made in Italy.

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Quando sentiamo parlare di rock, la prima immagine che ci viene in mente è quella delle band che hanno fatto la storia della musica internazionale: i Queen, i Led Zeppelin, i Pink Floyd e mille altre (nominarle tutte sarebbe impossibile). Anche a casa nostra, però, abbiamo degli ottimi rappresentanti di questo genere. Gruppi che hanno cantato e suonato canzoni che oggi sono pilastri della musica italiana, spesso troppo poco sconosciute. Abbiamo raccolto qualche frase di alcune delle band nazionali più rappresentative. Perché il rock non è solo americano.

  • La musica fa sognare, volare, capire. La musica dà la forza di reagire. La musica fa viaggiare senza partire. La musica fa capire ciò che vuoi capire“.

Siamo nel 1994 in casa Litfiba, l’album è Spirito, e la canzone è “La musica fa”. Un inno alla musica e al suo potere, cantato da un Piero Pelù più soft rispetto ai dischi precedenti.

  • Il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia, che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita. Con il suono delle dita si combatte una battaglia, che ci porta sulle strade dalla gente che sa amare“.

Dall’album Crac! del 1975, viene fuori “Gioia e Rivoluzione“, brano destinato a diventare uno dei manifesti della libertà di espressione. Il contrabbasso che diventa un’arma con cui sparare non proiettili ma idee, non può che diventare emblema di una generazione che ha bisogno di affermare la propria identità. Il tutto cantato dal grande Demetrio Stratos, una delle migliori voci del panorama rock italiano.

  • E non è certo il tempo quello che ti invecchia e che ti fa morire

Manuel Agnelli e i suoi Afterhours pubblicano nel 1999 l’album Non è per sempre di cui fa parte l’omonima canzone. Un brano che si presta a diverse interpretazioni che convergono tutte in un’unica idea di base: vivere la propria vita fino in fondo, essendo il più possibile se stessi, perché a far invecchiare e morire non è il tempo che passa, bensì non vivere i propri giorni come si vorrebbe, cercando di uniformarsi a degli stereotipi di un mondo che va sempre più verso una errata perfezione artificiale.

  • Forza, vattene, la gente si lamenta, rabbia ed allegria, non sai che il rock è morto? Se vuoi, ascoltami, parla di cose tristi, quelle vendono milioni e più di dischi“.

1992. Brescia. I Timoria pubblicano Storie per vivere e la traccia numero 3 è “Atti Osceni”. Canzone poco nota ai profani, è una delle preferite dai fan della band. Una denuncia verso una società ormai avviata a considerare il rock, il jazz, la beat generation e artisti quali Schiele, Morrison o Wilde come “perversi”, eleggendo come propri idoli i personaggi delle riviste di gossip e dimenticando chi ha fatto la storia dell’arte in tutte le sue sfaccettature. Tre minuti di canzone che fanno riflettere.

  • No, cosa sono adesso non lo so, sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso. No, cosa sono adesso non lo so, sono solo, solo il suono del mio passo“.

Quando una delle band più significative del rock italiano, la Premiata Forneria Marconi, si fonde con uno dei migliori autori italiani, Mogol, nascono pezzi come “Impressioni di Settembre”. Chi conosce il brano (esiste qualcuno che non l’ha mai sentito?) sa che non si tratta di una semplice canzone ma di un racconto, una fotografia, un quadro, un’esperienza di ascolto indimenticabile. Era il 1971.

  • E guardai, scrutai, niente, poi notai solo rughe sul suo viso dal tempo seminate, non aveva artigli, tremavan le sue mani, come quelle di mio padre“.

Ridurre i Nomadi alla sola “Io Vagabondo”, sarebbe sbagliato. Nel 1988, Augusto Daolio, scrive “L’uomo di Monaco”, in cui immagina che un uomo anziano incontrato in un bar della cittadina tedesca fosse, ai tempi del nazismo, in forza alle truppe di Hitler. Non riuscì, però, a scorgervi niente di diverso da un qualsiasi uomo ormai avanti con gli anni, senza cattiveria e con le mani che tremavano, nello stesso modo in cui lo facevano quelle del padre di suo padre. Perché, forse, non tutti quelli che parteciparono a queste barbarie, lo fecero di propria volontà.

  • Che se cado una volta, una volta cadrò e da terra, da li, mi alzerò. C’è che ormai che ho imparato a sognare, non smetterò“.

Non si può certo dire che le canzoni dei Negrita, siano prive di significato. “Ho imparato a sognare”, quarto singolo estratto da XXX del 1997, è un vero e proprio inno alla speranza e al non mollare mai. Un viaggio nella vita di ogni essere umano che, da bambino come da adulto, non deve mai abbandonare i propri sogni per avere quella marcia in più, necessaria a vivere la vita in tutti i suoi aspetti, pronti a rialzarsi anche quando ci troviamo davanti alle difficoltà. Perchè “ogni sogno ti porta più in là“.

  • Il cuore domanda cos’è che manca, perché si sente male, molto male, amando, amando, amandoti ancora“.

I Marlene Kuntz hanno prenotato un posto nella storia del rock proprio con questa canzone. “Nuotando nell’aria” è, infatti, uno dei pezzi più ascoltati a metà degli anni novanta. Una ballad di nostalgia e dolore per non avere più accanto la donna amata. Come non identificarcisi in un qualsiasi momento della nostra vita?

E, secondo voi, quali sono i brani e i testi più belli del rock italiano?

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