MISTERI D’ITALIA. PORTELLA DELLA GINESTRA E QUEI SEGRETI PORTATI NELLA TOMBA

Il Primo Maggio 1947 la strage commessa dalla banda Giuliano. Quasi settant'anni dopo la verità sull'eccidio resta avvolta nell'ombra
In ricordo delle vittime di Portella della Ginestra

In ricordo delle vittime di Portella della Ginestra

Sono trascorsi oltre sessantotto anni da quel Primo Maggio, da una celebrazione della Festa dei lavoratori trasformata in tragedia. Per la Sicilia sarà una ferita sempre aperta, una delle tante della regione più a Sud d’Italia. Dopo oltre mezzo secolo, tanti interrogativi sulla strage di Portella della Ginestra sono ancora aperti e probabilmente non si chiuderanno mai. Gli anni sono trascorsi e tanti protagonisti indiretti di questo fatto sangue, alcuni dei quali potevano conoscere la verità, hanno portato i loro segreti nella tomba.

L’ECCIDIO DEL PRIMO MAGGIO 1947

Tra questi l’autore della strage. Materialmente furono i colpi di arma da fuoco della banda Giuliano ad uccidere 11 persone ed a ferirne altre 27. Salvatore Giuliano è morto a Castelvetrano il 5 luglio 1950, assassinato dal suo luogotenente Gaspare Pisciotta. Quel caldo giorno di maggio circa 2.000 lavoratori, in maggior parte contadini, si erano riuniti a Portella della Ginestra, tra Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato, per celebrare il grande risultato ottenuto dalla coalizione tra Partito Comunista e Partito Socialista alle elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana. La sinistra aveva conquistato 29 seggi su 90, in una tradizionale roccaforte della Democrazia Cristiana era un risultato assolutamente straordinario. La banda Giuliano aprì improvvisamente il fuoco sulla folla, in undici rimasero vittima dei colpi di mitra. Colui che pur nei suoi atti violenti era stato considerato comunque un difensore del popolo, ora si era macchiato di un tremendo crimine sparando su gente disarmata ed inerme. La strage incrinava per sempre la figura del bandito, del braccio armato del Movimento Indipendentista Siciliano ma la strategia del terrore, della repressione contro la possibile ascesa della sinistra, sembrava fin troppo chiara. Dopo Portella della Ginestra seguirono altri attentati contro le leghe contadine del Partito Comunista in diversi paesi del palermitano. Su tutti la firma della banda Giuliano ed un volantino in cui si invitavano i contadini a ribellarsi al comunismo.

Salvatore Giuliano

Salvatore Giuliano

SALVATORE GIULIANO, PEDINA DEI “POTERI FORTI”

La figura di Salvatore Giuliano è controversa, la sua vita fu quasi romanzesca al punto da ispirare pellicole cinematografiche e libri. In realtà il bandito di Montelepre fu semplicemente una pedina in mano a “poteri forti”. In un vorticoso intreccio di mafia e politica, le incursioni di Giuliano vennero considerate “utili” fino al momento in cui la stessa figura del bandito iniziò ad essere “scomoda”. La sua morte, poco più di tre anni dopo la strage, è ancora avvolta nel mistero. Cinque anni fa si fece largo un’ipotesi fantasiosa secondo la quale Giuliano non era morto quel giorno a Castelvetrano e la sua uccisione era stata in realtà un’abile messinscena. Nel 2010 la Procura di Palermo dispose la riesumazione dei suoi resti, tumulati nel cimitero di Montelepre. Due anni dopo il caso venne archiviato. L’esame del DNA comparato con quello dei suoi discendenti avrebbe poi confermato nel 2012 la versione ufficiale, quella della morte del bandito nel 1950.

IL PROCESSO E L’UCCISIONE DI PISCIOTTA

Ma la verità su Portella della Ginestra è ancora tutta da scoprire. Il processo istruito a Palermo nel 1950 e poi spostato a Viterbo, si concluse tre anni dopo con la conferma della colpevolezza di Salvatore Giuliano e dei suoi uomini. Ma durante lo stesso procedimento Gaspare Pisciotta, che si era autoaccusato del delitto del suo capo smentendo la tesi originale che fosse morto in uno scontro a fuoco con i carabinieri, aveva lanciato precise accuse contro alcuni deputati, tra cui i democristiani Bernardo Mattarella e Mario Scelba. Secondo quanto raccontato da Pisciotta, avrebbero avuto incontri con lo stesso Giuliano per pianificare l’eccidio ma le sue accuse vennero considerate prive di fondamento. Ad ogni modo, un anno dopo, qualcuno scelse di farlo tacere: Gaspare Pisciotta morì avvelenato nel carcere dell’Ucciardone il 9 febbraio 1954.

Gaspare Pisciotta

Gaspare Pisciotta

LE TESI SUCCESSIVE

“Salvatore Giuliano fu solo l’esecutore materiale della strage. In realtà politici, proprietari terrieri e mafiosi avevano voluto mandare un pesante avvertimento alla gente dopo le elezioni regionali”. La tesi venne sostenuta nel 1951 dal parlamentare comunista Girolamo Li Causi, secondo il quale oltretutto la morte di Giuliano si era resa necessaria dall’esigenza di metterlo a tacere. Nel 1994 i giornalisti Sandro Provvisionato e Carlo Ruta rilanciarono l’ipotesi di una collusione tra mafia e politica. Più avveniristica la tesi di un coinvolgimento dei servizi segreti americani, sostenuta dall’utilizzo dei lanciagranate per la strage di Portella della Ginestra. Erano armi in dotazione alla Xª Flottiglia MAS di Junio Valerio Borghese, come viene indicato dagli storici Nicola Tranfaglia e Giuseppe Cassarrubea. L’ascesa del comunismo nei Paesi del blocco occidentale del resto era vietata dagli stessi accordi di Yalta che nel 1945 sancirono la “spartizione del mondo” tra le Nazioni vincitrici della Seconda Guerra Mondiale. Non è soltanto il leitmotiv della strage di Portella della Ginestra, la motivazione anticomunista è stata avanzata dai sostenitori della tesi “complottista” anche in occasione del sequestro e dell’omicidio dell’onorevole Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, probabilmente anche in questo caso pedine che percorrono una strada tracciata da altri, da coloro che davvero scrivono quella parte di storia che non andrà mai sui libri, almeno in via ufficiale. Pedine consapevoli o inconsapevoli, come Salvatore Giuliano.

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