PAPA FRANCESCO DIVENTA UN FILM

Chiamatemi Francesco

Il Papa Francesco diventa una storia vera in un film in onda nei cinema in questo ultimo mese dell’anno 2015.

Chiamatemi Francesco Il Papa della gente. Un film di Daniele Luchetti. Con Rodrigo De la Serna, Sergio Hernández, Muriel Santa Ana, José Ángel Egido, Alex Brendemühl

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Il film racconta un Bergoglio prima che diventasse Papa con lui ben vivo e presente in Vaticano. Daniele Luchetti e il suo produttore, Pietro Valsecchi, hanno voluto raccontare la vita di Bergoglio, senza coinvolgere in questo il parere del Papa e la collaborazione dell’istituzione ecclesiastica. Questo ha portato libertà nel raccogliere da più persone più o meno attendibili, testimonianze per affrontare il capitolo più spinoso e controverso della vita di allora del responsabile provinciale gesuita.

Buenos Aires. Anni Sessanta Jorge figlio di una famiglia di italiani immigrati nella capitale argentina, è uno studente, quando decidi di entrare a far parte dell’Ordine dei Gesuiti. Vorrebbe diventare missionario in Giappone ma non viene accettata questa sua volontà, ma deve apprendere la virtù dell’obbedienza: sarà proprio questa a farle fare scelte importanti nella sua vita, scelte che dovrà saper distinguere fra doveri verso la propria coscienza e alla sottomissione del regime dittatoriale di Videla e al potere dei proprietari terrieri in una terra in mano ha ricchezze e grandissima povertà. Nel film viene raccontato il suo rapporto con la dittatura argentina negli anni fra il 1976 e il 1981, e che lo vede a fianco dei desaparecidos e dei preti militanti.

Questo non significa che la sceneggiatura sorvoli sul fatto che Bergoglio ha tolto ad alcuni di questi ultimi la protezione dell’Ordine dei Gesuiti di fatto consegnandoli al regime, ma significa che concede al suo comportamento il beneficio di quella doppia lettura che riguarda la gran parte della quotidianità sudamericana, ovvero la coesistenza di una condotta ufficiale e una ufficiosa, data dalla necessità di muoversi apparentemente all’interno di regole per poi trasgredirle di nascosto seguendo la propria etica. Ed è attraverso un altro sdoppiamento che il film affronta il rapporto fra la “Chiesa classica”, il racconto nel film non esita a descrivere come pavida e conservatrice quando non apertamente reazionaria e connivente con i poteri più forti, e la Chiesa che guarda con simpatia alla “teologia della liberazione”.

Ci sono anche i riferimenti al misticismo, caro alla tradizione gesuitica e che in Sudamerica (come in una certa Europa “esoterista”) ha da sempre i suoi seguaci convinti. Lo sceneggiato del film sta principalmente nell’aderenza della sua estetica a quella popolare latina, in una rispettosa aderenza della forma al suo contenuto e all’etnia del suo protagonista. Solo verso la fine, nella scena della messa di Bergoglio fra i nullatenenti alla viglia della sua ascesa alla poltrona papale, il produttore Luchetti si concede uno stile fortemente autoriale, facendo la sua cinematografia in parallelo all’elevazione spirituale di un uomo che ha imparato il coraggio passando attraverso lunghe e dolorose mediazioni: un uomo che oggi si espone dal balcone del mondo dopo che per una vita ha invitato gli altri a “non esporsi”.

Nella formazione morale di Bergoglio e nella acquisizione di coraggio e consapevolezza è data in Chiamatemi Francesco alle donne. Luchetti e il suo cosceneggiatore argentino Martin Salinas intrecciando la trama di figure femminili forti e anticonformiste, gettando i semi di quel pensiero papale tanto favorevole da far sperare nel futuro un accesso delle donne al sacerdozio. La qualità del Bergoglio di Luchetti è infatti la propensione alla cura, più spesso identificata col materno perché comporta un obbligo inderogabile di protezione altrui.

In fine parliamo dell’attore Rodrigo de la Serna, umanissimo attore argentino che porta con sé (cinematograficamente parlando) il ricordo di almeno due sue interpretazioni: quella di Alberto Granado ne I diari della motocicletta, portatore insieme al Che del pensiero socialista in Sudamerica, e quella del desaparecido evaso in Cronaca di una fuga – Buenos Aires 1977. Sergio Hernandez, l’attore cileno che ricordiamo inGloria e in No – I giorni dell’arcobaleno, non è da meno nei panni del Bergoglio più anziano, la cui risata finale è presa d’atto definitiva e gioiosa della suprema ironia della vita.

Sicuramente il film sarà considerato il primo per la storia di un Papa ancora in trono. Raccontare alcuni punti della vita di questo grande uomo.

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