PERCEZIONE, PAROLE E FLUSSI

Come percepiamo le parole dette e sentite? Quali immagini ne scaturiscono?

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La vita è come una scuola: non si finisce mai di imparare.
Si nasce innocenti, pieni di entusiasmo, curiosi esploratori della realtà che ci circonda e poi tutto si affievolisce già dal primo respiro.
L’irruzione ,direi quasi violenta, in questo mondo è dolorosa perché doloroso è il primo respiro; dolorose sono anche le tante situazioni che siamo costretti a vivere, un giorno dopo l’altro.
Ma come si dice: tutto serve allo scopo.. ed è così che, tra gioie e dolori, inizia il nostro cursus honorum tra esperienze fatte, sognate e mancate.
Viene però il giorno che un individuo, indipendentemente dal grado di istruzione, fa un bilancio di cosa è stato per lui vivere, di come ha vissuto e di cosa ha vissuto.
È lì che bisogna stare attenti; è lì, forse, dove il singolo dovrebbe sapersi perdonare e capire in quanto frutto di una sommatoria formante delle esperienze esperite, come il portato di verità che si credevano assolute e che così non sono state; di verità raccontate che ci hanno accompagnati in questo cammino come buoni vicini che si ritrovano, per caso, a fare un viaggio assieme; di verità scomode che come bocconi amari siamo costretti a digerire.
Non dovremmo essere troppo severi con noi stessi perché, appunto, noi siamo un portato, una sommatoria di addendi che sfuggono al nostro potere, che si aggiungono furtivi e che come ladri ci rubano una felicità, talvolta , più pensata che reale.
Molte sono le certezze che, facendo da recinto alla nostra incolumità, periscono davanti all’evidenza dei fatti, alla dura realtà che,spavalda, si manifesta in tutta la sua triste nudità.
Da quando l’uomo, a motivo di una più ricercata e chiara forma di interazione con il suo simile, ha deciso di cambiare i versi e le imitazioni somatiche con le parole, si è delegato al portato del singolo, il difficile compito di tradurre queste nelle esatte immagini con cui l’interlocutore che ce le ha porte, ha immaginato e voluto fossero anche le nostre immagini.


Ma come flussi di immagini, pensate ma non disegnate nel dettaglio, ognuno interpreta la singola parola in una maniera del tutto singolare e con sfumature che, nella maggior parte delle volte, differiscono completamente dal significato originario.
Mi sono sempre chiesto, ed è questo il motivo di tale riflessione, se la parola albero, ad esempio, così semplicemente scritta o pronunciata, venga poi realizzata alla stessa maniera nella mente dell’eterogeneità degli interlocutori che la accolgono.
Sarebbe interessante sapere in qual modo viene stereotipata la parola e quali siano le differenze iconiche che essa suscita nella mente della gente. Quanti alberi avete immaginato,voi che leggete di questo mio scritto, che tipo di foglie hanno, come sono i rami ed il fusto?. Sarebbe curioso, a tal proposito, sapere quali immagini bizzarre e profonde suscita un tramonto.
Sono solo curiosità le mie, riflessioni sul sesso degli angeli, per qualcuno, forse, ma di certo so che ci si stupirebbe delle differenze che deriverebbero in un confronto tra più, sull’argomento.
Penso che siamo talmente complicati noi, umani, che per quanto abbiamo sviluppato forme sempre più erudite di linguaggio e, nonostante ciò, permanga un incomunicabilità di fondo data dalle differenze, sfumature, se volete, intrasmissibili che ci differenziano ma ci rendono anche interessanti agli occhi dell’altro.
Quello che resta da vedere è quanto rimarremo solisti nella nostra diversità, quanto e come questa si alzerà a barriera nel confronto di persona.
Sarebbe bello poter attraversare i labirinti tortuosi del nostro inconscio e perdersi nella vastità ancora sconosciuta della persona che siamo; sarebbe interessante scoprire in quanto portati cosa riusciamo a portare o, se si vuol dire in altra maniera, a donare all’altro e quanto di questo, possiamo riconoscere come sincero; sarebbe stupendo sapere cosa si cela nel sorriso che il nostro interlocutore, anche casuale, ci rivolge, inaspettatamente, in un incontro fortuito.
Molte volte mi sono chiesto dove trovino i loro natali certi brividi che di emozione hanno natura ma dall’altra mi chiedo se il mondo conosca o sia ancora da venire un uomo, disinvolto e sicuro conoscitore di se stesso a tal punto da sapere l’origine di tutti i moti che percuotono la sua anima.
Mi chiedo come sia possibile per certuni portare ogni giorno una maschera fatta a misura delle diverse occasioni che nella vita si presentano e se questo gioco al nascondino porti poi a qualche crescita effettiva.
Ho avuto modo, nel mio ancora breve percorso di vita, di fare i conti con molti dei moti emozionali che l’uomo conosce ma se dovessi ora scrivere sulla natura degli stessi dovrei posare la penna all’istante.
Siamo dei facchini, questa è la verità, ma la sventura è che ignoriamo la composizione del carico che stiamo portando e la sua destinazione. Erriamo per un sentiero ancora sconosciuto, almeno in parte, trasportati, molte volte, dall’onda emotiva senza che il nostro andare sia guidato da un che di razionale ma solo dall’impulso del momento. È questo, proprio questo, cagione di tanti pentimenti per azioni, ormai passate, che potendo tornare indietro, fermando come d’incanto il tempo, cancelleremmo volentieri.
Purtroppo la certezza, poche volte, ci accompagna nel nostro viaggio da turisti in questo absurdissimum che si chiama vita e che ci porta, non di rado, a sondare l’imo della nostra personalità.
Tante sono le domande che mi pongo ma poche le risposte che mi giungono.

 

 

 

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